Materie prime, un incremento dei costi (causato dal Covid) senza precedenti

03/09/2021

Materie prime, un incremento dei costi (causato dal Covid) senza precedenti
Il costo del polietilene è cresciuto del 160%, mentre quello dell’acciaio ha visto un incremento del 123%; il petrolio ha fatto registrare un’impennata “solo” del 100% (quindi raddoppiato) e il gas ha fatto contare un + 70%. Sono solo alcuni dei numeri che fotografano l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei semilavorati che da aprile del 2020, in concomitanza con l’arrivo della pandemia, e ancora oggi, sta caratterizzando i principali mercati mondiali. Gli incrementi dei costi delle commodities, peraltro, si riflettono sull’intera filiera produttiva, andando inevitabilmente a influire anche sui prezzi dei prodotti “finali” che, di fatto, con quelle materie prime sono stati costruiti.
L’emergenza sanitaria è la prima causa di questo fenomeno, unico nella sua criticità, che ha riguardato quasi tutti gli indici, dal grano al legname passando per i metalli e per i combustibili. L’impatto sull’economia e sull’industria mondiali è stato devastante: il Covid, infatti, ha provocato un rallentamento, in alcuni casi addirittura un blocco, delle produzioni e ha causato una contrazione dell’offerta a cui si è collegato, nei periodi di regressione dell’emergenza, un aumento repentino della domanda (le  aziende, nel timore di rimanere a “secco”, hanno fatto scorte superiori agli standard). Ancora, il virus ha messo in difficoltà i sistemi logistici internazionali, già chiamati ad adeguarsi a nuove e più stringenti disposizioni sanitarie, in occasione delle fasi di “congestione” che si sono verificate quando i cali dei contagi hanno visto una piena ripresa delle attività produttive, favorendo la “ripartenza” dei mercati.
In più, come se non bastasse, a questa situazione si sono sommati ulteriori fattori di criticità, a partire dalle tensioni geopolitiche che hanno reso meno fluidi i rapporti, soprattutto nei mesi finali del 2020 e in quelli iniziali del 2021, tra Stati Uniti, Cina e Unione Europea. Inoltre, si sono registrati anche l’aumento dell’inflazione negli Usa, un fenomeno che si è riflesso sui prezzi e sui mercati, i problemi al canale di Suez, che in marzo ha visto lo stop al passaggio dei cargo a causa di una nave incagliata, e le fisiologiche complessità connesse all’adozione nelle aziende di nuove pratiche “green”, più rispettose dell’ambiente.
Il quadro, insomma, è stato formato da problemi produttivi, difficoltà commerciali e rallentamenti dei fatturati, mentre sullo sfondo sono rimasti comprensibili timori sul piano imprenditoriale. In questo clima di incertezza economica e sociale, ma pure di volatilità dei mercati, sono scaturiti, quindi, la riduzione della disponibilità delle materie prime e dei semilavorati e il relativo incremento dei prezzi.
Solo le realtà imprenditoriali più virtuose, e quelle con un’organizzazione flessibile, capaci cioè di attenuare le ricadute di queste oscillazioni, hanno saputo reggere l’“urto” dell’aumento dei costi cercando di frenare, per quanto possibile, gli effetti dei rincari sui prodotti finali. Solo il superamento della pandemia, è evidente, permetterà un graduale ritorno verso la normalità; nel frattempo, la situazione potrebbe conoscere un’inversione di rotta nel quarto trimestre del 2021, come anticipato da “Materie prime”, l’osservatorio di Anima Confindustria sui mercati delle commodity, che ipotizza per i mesi finali dell’anno un andamento più “razionale” degli indici delle materie prime.
Condividi
Questo magazine non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza rispettare principi di periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi delle leggi 47/1948 e 62/2001 e successivi aggiornamenti